Accompagnare l’ultimo saluto. I nostri cerimonieri.

Hanno un’importanza cruciale  nel Rito del Commiato e in tutti momenti di commemorazione proposti da SOCREM Torino.

Per conoscerli  meglio abbiamo proposto loro una breve intervista,  a cui hanno risposto
Arianna Abbruzzese, Andrea Bellitta, Fabio Bisogni,
Stefano Colavita, Michele Parisi, Cristina Riello.


Partiamo dall’inizio. Come raccontereste ai Soci SOCREM e ai lettori di SOCREM News il vostro ruolo come cerimonieri?

STEFANO – Un cerimoniere che lavora alla Società per la Cremazione di Torino deve occuparsi quotidianamente di organizzare e presiedere una certa quantità di funerali laici. Ciò non significa che chi sceglie di farsi cremare debba essere necessariamente un fervente mangiapreti, anzi: la maggior parte delle cerimonie che gestiamo riguardano defunti che hanno già ricevuto esequie in chiesa. Un buon novanta per cento decide di affidarsi comunque a un ultimo saluto, approfittando del fatto che in questo caso la cerimonia non è codificata, anzi è ampiamente personalizzabile. Il nostro compito è quello di fare in modo che questo momento assuma senso e forma, spesso scegliendo i testi e le musiche che riteniamo più adeguati. È un lavoro delicato, che costringe ogni giorno al confronto con l’altrui dolore; un dolore estraneo, ma allo stesso tempo concreto, palpabile, e declinato nelle forme più disparate.

CRISTINA – Empatia, elasticità, pazienza, comprensione, concentrazione. Queste sono alcune delle caratteristiche che arrivano immediate in mente quando penso alla mia mansione. Questo lavoro necessita di importanti capacità relazionali e ciò sta a significare che il comportamento del cerimoniere non è mai uguale: occorre adattarsi, plasmarsi continuamente durante l’incontro, seppur breve, con le famiglie dei defunti. In una manciata di secondi è importante, a mio parere, riuscire ad entrare in sintonia il più possibile con il parente prossimo del defunto. Tutto ciò fa parte di ciò che definiamo “accoglienza”, un nodo centrale del nostro lavoro: più ci si impegna a comprendere l’interlocutore, più questa sarà efficace. Fare in modo che la famiglia riesca a sentirsi a suo agio in un luogo nuovo e in una situazione delicata penso sia molto importante per vivere in serenità l’ultimo saluto. La parola “ultimo”, infatti, ha un’enorme rilevanza poiché al termine del commiato, quando le due porte si saranno chiuse, anche il contatto visivo con il feretro, unica cosa ancora possibile, sarà terminato per sempre.

ANDREA – Il ruolo del cerimoniere non è solo quello di dirigere la cerimonia di Commiato, ma comincia molto prima cercando di preparare prima sé stesso culturalmente ed emotivamente per avere strumenti adeguati.

Perché è importante ritualizzare l’ultimo saluto?

STEFANO – Il rito funebre si configura come un importante collante del tessuto sociale, la cui efficacia risiede nella sua capacità di rafforzare le relazioni e ricucire lo strappo nella comunità rappresentato dalla morte di una persona cara. Spesso si confonde la laicità come una mancanza di bisogno di ritualità. Ma il lutto e le sue conseguenze devono essere ritualizzate indipendentemente dalle credenze e dalle convinzioni di ciascuno. Diversamente i suoi effetti compromettono la possibilità di elaborare una perdita. Una dinamica, per altro, che si è palesata in modo drammatico durante le recenti ondate pandemiche, a causa delle quali per molto tempo non è stato possibile celebrare funzioni.

CRISTINA – Il rito è un bisogno umano fondamentale, tra le sue caratteristiche ricordiamo la sua capacità di infondere sicurezza, rendere familiare un evento rischioso, esorcizzare la paura.

ANDREA – Tutti noi, perdendo una persona cara, molto spesso tendiamo ad isolarci cercando di elaborare la sofferenza in maniera molto intima e riservata. Ritualizzare l’ultimo saluto è molto importante perché, condividendo il dolore, si può facilitare l’elaborazione del lutto.

Secondo la vostra esperienza, quando possiamo considerare “efficace” un rito?

STEFANO – Quando ci rendiamo conto che la cerimonia ha assunto la forma, e dunque il senso, di cui i dolenti avevano bisogno.

ARIANNA – Penso che il momento del saluto finale sia il più delicato in assoluto. Il nostro ruolo consiste nell’accompagnare la famiglia durante il distacco fisico definitivo e bisogna essere in grado di comprendere quando questo debba avvenire esattamente.

FABIO – Quando non viene imposta una ritualità preconfezionata ma – uso una metafora musicale – “jazzata” con le volontà del defunto, della famiglia e della rete di relazioni ed esperienze che la persona ha creato in vita.

CRISTINA – Secondo me il rito del commiato è efficace quando al termine le persone sperimentano una sensazione di sollievo e benessere, seppur momentaneo (perché l’elaborazione del lutto è un processo lungo).

Come siete diventati cerimonieri?

ARIANNA – Capitai per caso ad una cerimonia e vedendone lo svolgimento trovai il mestiere molto attinente al mio lavoro di attrice, contattai il direttore del Tempio di allora e così cominciai.

FABIO – Qualche anno fa una mia collega attrice mi ha detto: “Nel posto dove lavoro stanno cercando persone, penso che potresti essere adatto, vediamoci davanti a una birra e ti racconto”. Ho pensato a un progetto teatrale o alla conduzione di un laboratorio. Non avrei mai immaginato che il lavoro in questione fosse fare il cerimoniere alla SOCREM Torino. Ero stupito e dubbioso, sarei stato capace? Dopo l’iniziale titubanza, ho fatto il colloquio e da qualche anno sono un cerimoniere.

STEFANO – Per caso. Avevo un caro amico – da tempo impiegato come cerimoniere – che doveva trasferirsi all’estero per motivi familiari. Mi invitò a propormi come suo sostituto, così feci un colloquio con il direttore del Tempio, e il mio curriculum evidentemente risultò adeguato al profilo richiesto. Da allora sono passati circa dieci anni.

CRISTINA – Ho cominciato a giugno del 2015, e continuo ad imparare ogni giorno dall’esperienza. Indubbiamente sono diventata cerimoniere con l’esperienza. Credo di aver fatto tesoro, e continuo a farlo, degli insegnamenti e delle critiche dei miei colleghi. Occorre mettersi continuamente in discussione quando in gioco c’è un contatto così particolare con l’utenza. Sono dell’opinione che alcune capacità utili per svolgere questo ruolo, le devi avere dentro di te e che nessuno te le può insegnare. Non è un lavoro per tutti, è un lavoro speciale!

Quali sono per voi i momenti più significativi del vostro lavoro?

FABIO – Ci vorrebbe un libro per spiegarlo. L’incontro con le famiglie è un momento importante, capire insieme a loro, in pochi minuti, come fare un commiato profondo ed efficace, personale e delicato. Leggere davanti a parenti e amici del defunto ricordi che loro non riescono in quel momento doloroso a condividere, con empatia, chiarezza e sincera apertura all’altro.

STEFANO – Per me sono quelli in cui ci troviamo a contatto con i dolenti. Durante la Cerimonia di Commiato, ma anche nella Sala della Memoria, quando affrontiamo insieme a loro il delicatissimo momento di consegna delle ceneri. Si tratta di un rito breve, ma spesso ancora più intenso del funerale: è il momento in cui si prende consapevolezza della trasformazione del corpo, un evento traumatico, ma allo stesso tempo estremamente intimo, che richiede un ulteriore raccoglimento.

CRISTINA – Uno dei momenti più significativi è l’attimo in cui i familiari del defunto mi guardano, occhi abbassati e dicono “grazie”. Con l’evento del covid il contatto fisico si è perso, un tempo molti mi stringevano la mano riconoscenti e ricevevo anche qualche abbraccio. In quei momenti sento di aver fatto un buon lavoro, di essermi resa utile. Un altro momento significativo è la lettura da parte mia di lettere e messaggi scritti dai familiari: un vero e proprio gesto di affidamento di frammenti di vita intimi tra le mie mani a cui cerco di dar voce nel migliore dei modi.

ARIANNA – Anche per me è importante quando alla fine delle cerimonie le famiglie ringraziano, significa che siamo riusciti nel nostro compito principale, e credo non possa esserci soddisfazione più grande per questo lavoro così particolare.

MICHELE – Vent’anni fa sono entrato a far parte della Società per la Cremazione di Torino, in un ambiente con una forte spinta ideale. La cerimonia dell’ultimo saluto prima della cremazione, si può inserire in quello che ritengo un “forte impegno civico”, dove il dolore individuale, familiare ed amicale si converte in quello collettivo. I due cardini sono il Commiato e la Cerimonia della Consegna delle Ceneri, spazi rituali dove il Cerimoniere è chiamato con la sua professionalità tecnica ed empatica, a riconsegnare al dolente la consapevolezza che il suo dolore è riconosciuto e condiviso.

Articolo tratto da SOCREM News edizione MAGGIO 2023 leggi la rivista